NICO CARMINATI: «IO AMO LA RADIO, PERCHÉ È COSTANTE DELLA MIA VITA»
Nico Carminati è una delle personalità radiofoniche più famose sul panorama nazionale. Speaker radiofonico e direttore tecnico presso Virgin Radio, Nico si racconta a Radio Checkpoint in diretta Instagram, parlando della musica, delle sue origini e di come la sua carriera sia iniziata.
Nico ci parla degli inizi e di cosa significhi lavorare in Radio, della professionalità e della competenza, ma soprattutto della passione e dell’amore sconfinato che occorrono per svolgere questo lavoro.
Inizi e primi passi nel mondo radiofonico: come è iniziata la tua carriera in radio, cosa ti ha spinto a intraprendere questo percorso lavorativo?
È una storia lunga. Ho 54 anni e sono in radio da 43 anni! Ero un ragazzino, quando un pomeriggio, girando in bicicletta, mi sono fermato a vedere una cantina, da cui fuoriusciva della musica. Ne è ero profondamente incuriosito, così ci andavo tutti i giorni. Ma un giorno mi fecero entrare e non ne sono mai più uscito! Ho iniziato proprio così. All’epoca mi occupavo della pulizia dei dischi, dei vinili.
Musica e Radio, un binomio inscindibile: tu che rapporto hai con la musica?
Amo la musica e amo la radio. È difficile spiegarlo, perché “qualsiasi cosa io facessi, la radio è sempre stata con me. Mi ha salvato da tutto”. Io amo la R&B, vengo sostanzialmente da questo genere. Mi piace la musica italiana, il Rock, la Dance, il Pop. Insomma un po’ tutto! Come speaker radiofonico mi sono occupato tanti generi musicali, avendo lavorato per tante stazioni diverse, che appunto passavano musica diversa. Da circa 13 anni mi occupo di musica Rock. Benché ami la musica, non riesco a immaginarmi senza la radio. Infatti musica e radio hanno un rapporto trasversale. La mia passione per la radio contiene la mia passione per la musica. Quando sono dietro al Mixer con il mio programma, mi dimentico di tutto! Ed è la stessa cosa di quando metto le cuffie e faccio una serata. Tu capirai sicuramente e solo in pochi lo capiscono. La radio è condivisione e non possiamo immaginarla senza qualcuno che ascolti. Ho passato tutti i Natali in radio e così tutte le feste. Insomma la radio è casa mia. È amore, semplice! E mi viene da sorridere all’idea che fra circa cinque anni andrò in pensione, perché sento che posso ancora dare molto. Se immagino il mio ultimo giorno in radio mi vengono i brividi, perché sono ancora quel ragazzino in bicicletta, incuriosito dal lavoro di quello speaker nel ’79. Io sono campano, sono di vivere ad Ischia e sono legatissimo a Napoli, in particolare sono legato alla musica di Pino Daniele.
Sei molto legato alla tua terra, a Napoli e comunque a tutta la Campania. Che rapporto hai con Pino Daniele?
Quando sono entrato in radio, davano spesso i suoi brani. E poi Pino Daniele rappresenta la mia terra, soprattutto il primo Pino Daniele. Quando ascolto “Napul’è”, mi esplode il cuore, perché chi non conosce Napoli non può capire pienamente. Nei primi anni ’70, quando i miei genitori si sono trasferiti a Milano, era difficile, perché il terrone. Questo era discriminatorio, ti faceva sentire escluso, ma qui parliamo di ignoranza. Ti dirò; quando avevo 14 anni e prendevo il treno per andare a scuola, una mattina c’era sempre scritto: “Via i terroni”. E io pensavo cosa ho fatto di male a queste persone per meritarmi tale avversione. Un giorno tolgono la scritta e ne mettono un’altra, decisamente più razzista: “Via i neri”. Questo mi ha fatto riflettere tanto. Si tratta di ignoranza e nient’altro. In ogni caso tutte le persone che sono venute con me a Napoli, se ne sono innamorate.
Oltre a Pino Daniele, ci sono anche altri artisti a cui sei particolarmente legato?
Devi sapere che nel 1979/1980 ho avuto la fortuna di incontrare Vasco Rossi, al quale sono devotissimo! Sono andato a vederlo in concerti, l’ho seguito un po’ ovunque. Nelle canzoni di Vasco ho sempre visto della poesia. Tuttavia negli anni ’90 ho smesso di andare ai suoi concerti, perché lì vedevo delle persone che non mi piacevano, cioè che abbinavano Vasco al alcol e tante cose che non vedevo nella sua musica.
Tornando adesso all’inizio della nostra chiacchierata, com’è stata la tua prima volta in radio?
Dopo una prima fase, in cui pulivo e passavo i dischi, ho iniziato ad andare in onda un mio programma. Si trattata di una radio locale, piccolissima. I soldi che mi davano i miei genitori per la paghetta, li spendevo in dischi per la radio. Mio padre mi diceva sempre: “con due stronzi come te faccio anch’io l’imprenditore”. Ma devo ringraziare, devo rendere grazie alla Lombardia che mi ha dato al fortuna di essere qui e di lavorare in radio.
Con tutta la tua esperienza cosa diresti a un giovane, che vuole iniziare la sua carriera in radio? Cosa gli consiglieresti?
Bella domanda! Purtroppo oggi ne vedo sempre meno, perché è una vita di sacrifici. Inoltre mi rendo conto che non si guadagna tanto, almeno all’inizio. Chi vuole iniziare deve avare la passione, la voglia di fare. Solo così puoi farcela, perché ti ritrovi in uno studio con tante cose da fare… Per me è il lavoro più bello del mondo! La passione è quella carica che ti fa andare avanti.
Com’è cambiata la radio negli ultimi anni?
Praticamente è cambiato tutto, dal supporto – come il vinile – fino ai mezzi di trasmissione. Forse manca un po’ quella poesia oggi. Avevi un rapporto diverso con la musica che trasmettevi. Prima toccavi la coperti, prendevi il disco o il vinile, ora invece inserisci un file. Ciò deriva dal fatto che la radio deve fare numeri, cioè si aziendalizzata. Dal mio punto di vista io continua a vivere la radio come quel ragazzino in bicicletta. Il mio rapporto con essa non si snaturato. Molte persone non sanno cosa significa alzarsi alle 4 di mattina e finire alle 16 di pomeriggio. La gente fatica ancora a capire cosa comporta lavorare in radio. C’è sempre un lavoro, che io prendo con il massimo della serietà. Direi che a me non piace il fatto che la radio si veda per esempio in tv. Si è perso qualcosa secondo me. Va benissimo il progresso, ma non bisogna dimenticare la poesia. Questo riflette il mio rapporto intimo e romantico con la radio. Oggi c’è molta attenzione al divismo, cioè diventare immagine commerciale della radio.
Giunti ormai alla conclusione della nostra chiacchiera, hai qualche progetto futuro di cui vorresti parlarci?
Si spera di ripartire con i festival e con le nostre serate. Partiremo con degli eventi con Massimo Cotto. Non dimentichiamoci mai della poesia!
Intervista realizzata 01/06/2020
Sono laureato in Psicologia e mi piace ascoltare le persone. Ho una grande passione per la scrittura e la musica. Studio e suono il basso elettrico da molti anni e mi interesso di arte, scienza e libri. Voglio ascoltare gli artisti, la loro arte e soprattutto la loro storia.
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