ANDREA ROCK: L’ANIMA IRISH E PUNK DEL ROCK ITALIANO

Andrea Toselli, alias di Andrea Rock, è uno speaker radiofonico, attualmente presso Virgin Radio, musicista, compositore, cantante e attivista. Certamente Andrea non è solo una delle figure più famose nella scena rock italiana, ma è anche famoso per le sue collaborazioni umanitarie, come con Amnesty International, avviando molti progetti per il bene del prossimo. Andrea si racconta su Radio Checkpoint in diretta Instagram

Andrea si contraddistingue per delle sonorità autentiche e decise, che mostrano la linea precisa che intende tracciare con il suo progetto musicale, dall’anima eclettica e decisamente irlandese!

Ti occupi di tantissime attività, tutte legate da un filo rosso ben preciso: la musica! Quando hai capito che la musica sarebbe diventata il tuo lavoro?

Ho capito che sarebbe stata la mia passione più grande molto presto. La musica è un linguaggio per rapportarmi con il mondo. Ho capito che proprio questo sarebbe stato il linguaggio che avrei sempre usato, per raccontare la mia vita e analizzare la società che ho interno. Avevo 14/15 anni, quando il punk-rock è arrivato nella mia vita, e ancora oggi sento di arricchirmi tanto con la musica che ascolto di tutti gli artisti che seguo e con quella che ovviamente compongo.

A proposito di società ti sei spesso definito un “artista sociale”. Sei molto impegnato con associazioni benefiche infatti. Collabori con Amnesty International giusto?

Sì! Sono un attivista di Amnesty International dal 2017 ed è stata una scelta quasi obbligata, perché sono entrato in contatto con loro molti anni prima, prestando la mia disponibilità per alcuni dei loro eventi. Da allora mi sono sempre interessato alle loro cause, quindi è stata da questo punto di vista una scelta decisamente obbligata, cioè spontanea e automatica! Collaboro con il Gruppo Centro di Milano e cerco di occuparmi della parte a me più consona: la comunicazione, cercando di coinvolgere più persone possibili in quelle che sono le tematiche dei diritti umani. Questo ha influenzato uno dei miei progetti musicali, gli Andead. Con gli Andead parli di queste tematiche in modo crudo, diretto e sincero, in chiave Punk-rock. Senza compromessi! Uno dei temi principali dei nostri testi è lo Human Right Defender, un tema che dà anche un po’ fastidio ad alcune personalità. Ma d’altronde noi non vogliamo assecondare nessuno! Abbiamo avviato anche una raccolta fondi per il Policlinico di Milano durante la pandemia. Il nostro bassista è cardiologo e ci ha segnalato questa struttura, che in periodo pandemico richiedeva un maggior supporto. Lo facciamo con il cuore.

Rispetto agli artisti impegnati politicamente, cosa ne pensi del discorso di Fedez?

Credo che abbia fatto molto bene! Molti artisti si “siedono” dinanzi a tante esigenza di sistema e lui addirittura ha menzionato nomi e cognomi, cosa non affatto facile. Ha utilizzato al meglio uno spazio pubblico. Sarà oggetto di critica da molte persone lui nel frattempo è maturato tantissimo come artista. Io – al suo posto – forse avrei cercato di non menzionare nomi e cognomi. D’altronde era chiaro che si trattasse di una determinata fazione politica. In ogni caso avrei cercato di svegliare delle coscienze. Lui ha comunque una grande responsabilità, perché ci sono tante persone che lo ascoltano. Credo che lui sia mossa da una volontà sincera di svegliare gli animi. Semmai volesse una mano per il suo progetto può contare su di me!

Adesso facciamo un passo indietro. Dai tuoi brani emerge tantissimo il tuo legame con la cultura irlandese. Come ti sei avvicinato a questa cultura e come ha influito sulla tua musica?

La passione per la cultura irlandese è arrivata dopo la mia prima visita in Irlanda, quando avevo 14 anni in concomitanza con la mia scoperta del punk-rock. Conobbi lì un gruppo di ragazzi che aveva una band punk: da qui mi sono consacrato al genere musicale e alla cultura irlandese. Quando sono tornato, volevo saperne di più di questo paese. Ho iniziato con la musica, poi l’arte, la storia, la geopolitica e infine la letteratura. Il mio prossimo disco, che andrò a pubblicare come solista – progetto chiamato Andrea Rock & the Rebel Poets – sarà maggiormente dedicato all’Irlanda. Già nel 2015 ne pubblicai uno, intitolato Hibernophile. Il nuovo disco sarà ancora più focalizzato sull’Irlanda, principalmente sulla sua storia. Sarà un disco, sicuramente trasporterà l’ascoltatore anche più disimpegnato. Chi vorrà approfondire, come te appunto, ci saranno tanti spunti di riflessione. Cerchiamo di inserirci nella cultura musicale delle “Rebel Songs”, canzoni legate a quella che in Italia chiameremo “Resistenza”, ossia la famosa Rising Easter Irlandese. Sarà un attualizzazione di quel mondo autorale. Il nostro primo brano si intitola “Folk Punk Anthem”.

Puoi raccontarci una giornata-tipo in Virgin Radio?

Noi speaker andiamo lì in occasione delle nostre dirette, soprattutto durante il periodo pandemico per non creare assembramenti. La mia giornata inizia una serie di ricerche molto intense, per aggiornarmi sulle notizie più importanti e sugli spunti e le riflessioni, che porterò durante la trasmissione di Virgin Generation. Parallelamente ho aperto anche un canale Twitch, in cui posso parlare di tutto quello, di cui non posso parlare in radio per ovvie ragioni editoriali. In ogni caso la mia giornata è scandita da ciò che andrò a comunicare. 

Parlando della musica come linguaggio universale, dopo il Covid-19 come essa si reinventerà?

Credo che la musica si stia già reinventando, soprattutto per quelli come me e te che si occupano di comunicazione. Non avremmo mai immaginato di fare delle dirette su Instagram o su Twitch, insomma ora c’è l’esigenza di altri spazi di espressione, che di fatto stiamo già utilizzando. Quindi questo ha modificato lo stato attuale del mondo musicale. Dopo la pandemia – sul palco – sicuramente sarà una vera e propria esplosione emozionale.

Sei anche molto appassionato di libri e fumetti giusto?

Il fumetto per me è stato il primo codice, con cui ho interagito con il mondo. La chiave di lettura, che ho del fumetto, è il supereroe con super problemi. Quindi ancora oggi consumo fumetti, perché mi rispecchio in questi racconti. Non solo è un modo per riallacciarmi alla mia gioventù, ma è una maniera per comprendere il mondo odierno in una prospettiva più strutturata. Sui costumi dei supereroi ci sono quelle gigantesche sfumature di colore, che possono insegnarci ad relazionarci con il prossimo, soprattutto negli ultimi vent’anni.

Volgendo ora al termine della nostra chiacchiera, quali sono i tuoi progetti futuri?

Nel febbraio del 2020 abbiamo pubblicato un EP intitolato “Old but Gold”, a metà! Abbiamo in serbo molte collaborazioni importanti! Ci vorrà ancora un po’ di tempo. Sicuramente arriverà qualcosa nel Marzo del 2022. Abbiamo insomma tante cosa nel cassetto. Per tutti gli amici di Radio Checkpoint grazie! Grazie per questo spazio che mi avete offerto. Oggi non è facile trovare spazio sul web per tutte le realtà emergenti, quindi grazie!

 

Intervista realizzata 04/05/2020

MAID, LA “PERLA RARA” DI NETFLIX OSCURATA DA SQUID GAME

Capita che una serie come Squid game faccia più rumore di una perla rara come Maid.
Accade: è la Netflix-crazia che ce lo impone e siamo noi che glielo consentiamo.

Tratta dal best-seller di Stephanie Land “Maid: Hard Work, Low Pay, and a Mother’s Will to Survive“, Maid è la storia di una donna, Alex, magistralmente interpretata da Margaret Qualley, ora sui maxi-schermi in “Un anno con Salinger”. Insieme ad Alex, è la storia di molte altre donne, vittime silenziose di violenza domestica.

È la vicenda personale di una giovane madre e di come la violenza da lei subita sia sistematicamente ignorata perché “la violenza psicologica non è vera violenza”.

Maid, la serie Netflix che racconta la violenza domestica

Maid è il racconto di quanto la vita possa essere difficile per alcune persone e facile per altre e degli anfratti bui che si celano anche dietro le vite, all’apparenza, più luminose. Perché, alla fine, come dimostra la storia di Regina, per uno strano senso delle simmetrie, la vita dà ad alcuni quello che toglie ad altri.
Intorno ad Alex gravitano, infatti, una serie di personaggi: Paula Langley, la sgangherata, lo spirito libero, l’esuberante madre di Alex che l’ha strappata via, a sua volta, da una storia di violenza per portarla in Alaska, la terra a cui è dedicato il racconto “galeotto” che ha intrecciato indissolubilmente la vita di Alex a quella del suo carnefice Sean; Sean e la sua vita di muta disperazione, alla ricerca di una redenzione, cui, forse, non è destinato; Hank, il padre di Alex, da cui origina la spirale di violenza che segnerà per sempre la vita della figlia.

Maid, una storia tra la denuncia e il riscatto sociale

Maid è, ancora, il documentario delle falle del sistema assistenzialista americano e del paradosso per cui una donna senza fissa dimora, per essere inserita in lista per avere accesso all’abitazione, deve presentare la busta paga e per presentare la busta paga deve avere un’occupazione stabile, ma per avere un’occupazione stabile deve necessariamente avere qualcuno a cui affidare la propria bimba.
È la storia di questo e di molti altri paradossi, ma più di tutto è la storia dell’amore, strenuo, invincibile, testardo, di una madre per la propria figlia.
Maid è, infine, il racconto del coraggio, la favola moderna della rinascita e del riscatto sociale, la dimostrazione che nella vita si può sempre ripartire da zero, perché “quando starai meglio, ci sarà tanta luce ad aspettarti”.

 

Recensione di Valentina De Felice

BRITNEY SPEARS È LIBERA: DOPO 13 ANNI LA TUTELA LEGALE DEL PADRE È STATA REVOCATA

Britney Spears, la pop star trentanovenne tra le più amate al mondo, da oggi (dopo circa 13 anni) è libera: la lunga battaglia legale tra lei e il padre James Spears si conclude con la decisione del giudice Brenda Penny di revocare la custodia legale, che prevedeva la necessità di sottoporre tutte le sue spese alla approvazione di un tutore, come potrete anche leggere sulle nostre pagine social Instagram e Facebook.

I fan della pop star si sono fatti subito sentire con un lungo slogan sotto la sede del tribunale di Los Angeles: #FreeBritney!

LA PREGHIERA DI BRITNEY

La cantante , aveva  pregato il giudice di Penny “ farle riavere indietro la sua vita “ e di eliminare la  la “conservatorship” tutela prevista per persone con difficoltà mentali .

Oggi il giudice  ha pronunciato le attesissime parole: “La conservatorship della persona e del patrimonio di  Britney Jean Spears non è più richiesta!”

La corte di L.A ha ritenuto inoltre che non fosse necessaria una “dichiarazione di capacità” della cantante (la tutela era su base volontaria dal 2008).

Non si è lasciato attendere il post pubblicato dalla cantante “il miglior giorno della mia vita“.

Ma a quanto ammontava il patrimonio della cantante?

Secondo alcune indiscrezioni , una bella cifra con parecchi zeri: 60 milioni di dollari!

LA TESTIMONIANZA

La vicenda risaliva a circa tredici anni fa , quando il padre Jemie presentò al tribunale una richiesta di custodia dell’allora ventiseienne  all’apice della sua carriera.

A quanto pare, la cantante aveva problemi di  abuso di sostanze stupefacenti.

LA TUTELA INIZIALMENTE TEMPORANEA

La tutela da temporanea era diventata, poi, in pochi mesi permanente. Britney non era più libera di firmare, di gestire il suo cospicuo patrimonio (costruito in circa un ventennio di carriera), né di gestire la sua vita pubblica e privata. La cantante tra le lacrime aveva raccontato la sua silente tragedia, urlando contro il padre: “Dovreste incriminarlo e arrestarlo“. Non poteva più far niente senza il suo consenso, neanche visite mediche .

BRITNEY AVEVA MINACCIATO DI  METTERE FINE ALLA SUA CARRIERA

“Se non sono in grado di gestire la mia vita allora non posso fare nemmeno i concerti“ le parole rilasciate in aula della cantante, che aveva minacciato di terminare la sua carriera.

A quanto pare, non piacquero (prevedibilmente) ai fan,  che si sono fatti subito sentire lanciando l’hashtag #freeBritney e scendendo in strada per protestare in favore della pop star. La protesta ha portato i risultati sperati : prima il tutore del patrimonio della cantante  aveva deciso di far un passo indietro , poi la decisione del padre di rinunciare alla conservatorship. Oggi la decisione della Corte di conferma: finalmente è libera!

Riuscirà a tenersi fuori dai guai?

Ce lo auguriamo.

Fatto sta che è oggi è un buon giorno per Britney!

Articolo a cura di Federica Maria Russo

LOL 2 CHI RIDE É FUORI: CAMBIAMENTI IN VISTA!

L’apprezzatissimo format condotto da Fedez avrà un nuovo cast! Purtroppo, in questa edizione non sarà presente la formidabile co-conduttrice della scorsa edizione, Mara Maionchi, ma niente paura: il timone è passato al comico Frank Matano che, con la sua contagiosa risata, lo scorso anno ha saputo conquistare il pubblico.

Il talent, amatissimo dagli italiani, ha registrato un alto share di ascolti con la scorsa edizione che si è conclusa con la vittoria di Ciro Priello, ma il nuovo cast sarà all’altezza delle aspettative?

 

Di seguito i protagonisti della nuova edizione: Virginia Raffaele, Mago Forest, Tess Masazza, Diana Del Bufalo, Alice Mangione, Max Angioni, Corrado Guzzanti, Maria Di Biase, Gianmarco Pozzoli, Maccio Capatonda

LOL 2, UN NUOVO CAST ESPLOSIVO

Il cast, già annunciato sul profilo Instagram di Fedez e Matano durante una diretta, vedrà protagonisti insoliti insieme: il trio femminile Diana del Bufalo, Tess Masazza e Virginia Raffaele affiancherà personaggi come il Mago Forest!

Ma vediamoli meglio:

Virginia Raffaele: nota per le sue imitazioni portate anche a Sanremo nel 2015, ha partecipato e condotto diversi programmi di successo. Tra le imitazioni più riuscite spiccano quelle di Belen Rodriguez e Ornella Vanoni.

Diana del Bufalo: l’attrice/comica ha partecipato ad uno dei più seguiti programmi televisivi “Amici di Maria De Filippi”, protagonista di “Che Dio ci aiuti”, “Matrimonio a Parigi” e del programma televisivo con cui ha collaborato insieme Fedez e altre celebrities, tra cui Francesco Totti, “Celebrity Hunted”.

Tess Masazza: amatissima sui social, nota per la serie, da lei ideata, “Insopportabilmente donna” che con i suoi sketch ironici, le ha regalato grande successo, soprattutto tra il pubblico femminile.

Max Angioni: fin da giovanissimo ha partecipato a “Zelig”, programma tv che ha sfornato molti comici italiani.

Corrado Guzzanti: comico raffinato e tagliente, ha segnato generazioni con la sua comicità fuori dagli schemi. La famiglia “Lol” ha già visto sua sorella Caterina concorrente della scorsa edizione. Siamo sicuri che anche lui ci delizierà con le sue imitazioni.

Alice Mangione e Gianmarco Pozzoli: i “The Pozzoli Family” già legati nella vita, conosciuti sul web per raccontare, nel modo più ironico possibile, la vita in famiglia. Presto saranno in teatro con un loro show.

 

Maria Di Biase: registra, attrice, comica con grande esperienza alle spalle, conosciuta anche per il duo con Corrado Nuzzo. Darà filo da torcere ai concorrenti.

 

Maccio Capatonda: alias Marcello Macchia ha partecipato a show come “Lo Zoo di 105”, “Mai dire…” ed è stato protagonista di svariati film di successo. La sua comicità surreale lo ha reso uno dei comici più interessanti degli ultimi anni.

Maccio Capatonda

 

Il Mago Forest: alias Michele Foresta, tra i comici-maghi più famosi d’Italia. Ha partecipato a programmi come “Zelig” e “Mai dire…”. Porterà i suoi divertenti e strani trucchetti a LoL 2.

Riuscirà il nuovo cast di Lol 2 a reggere il confronto con il precedente?

L’ISPIRAZIONE DI LOL VIENE DAL GIAPPONE

Ideato dal comico Hitoshi Matsumoto, poi acquistato da Amazon è presente in diversi paesi: dalla Germania al lontano Messico. Il meccanismo è lo stesso: i comici, chiusi in uno studio televisivo, devono far ridere al pubblico, ma non ridere tra di loro: chi ride è fuori! I conduttori hanno il compito di comunicare le squalificazioni.

 

 LOL, IL SUCCESSO DELLA SCORSA EDIZIONE ITALIANA

Nella scorsa edizione italiana sono nati dei veri e propri tormentoni: da Ciro Priello con la sua nonna fischiettante, al duo di risate tra Frank e la Gioconda vivente di Elio, a “Posaman” di Lillo Petrolo.

La seconda edizione sbarcherà su Amazon Prime Video tra marzo e aprile 2022.

 

Ne vedremo delle belle!

 

Articolo di Federica Maria Russo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Barbie ti presento Ken: Ryan Gosling sarà Ken nel nuovo film Barbie!

Il film sulla bambola più famosa al mondo vedrà Il quarantunenne Ryan Gosling, tra i sex symbol più amati di Hollywood, nel ruolo del fidanzato di Barbie (interpretata da Margot Robbie).

Il film sarà diretto dalla regista candidata all’Oscar Greta Gerwig (famosa per “Lady Bird” e “Piccole donne”), mentre la sceneggiatura sarà scritta dalla cineasta a quattro mani con il suo compagno, il regista Noah Baumbach.

La trama della pellicola è ancora un mistero, ma, secondo le prime indiscrezioni, racconterà dell’allontanamento della famosissima bambola da Barbieland. Il motivo? Le sue imperfezioni.

Già da queste poche notizie si può intuire il tipo di taglio che darà al film la regista Greta Gerwig, che ha tutte le carte in regola per diventare una delle commedie più divertenti dei prossimi anni.

Film su Barbie, Ryan Gosling  all’inizio non voleva interpretare Ken

In un primo momento, Gosling aveva dovuto rifiutare la parte perché già impegnato in altri progetti ma, anche grazie all’insistenza della Warner e della regista, alla fine ha deciso di prendere parte al film.

Non è la prima volta che l’attore collabora sul grande schermo con la bella e biondissima Margot Robbie (con cui ha già lavorato ne “La grande scommessa”), ma questa volta ci aspettiamo un Ryan Gosling diverso, più leggero del solito!

Grazie al successo di “La La Land”, che lo vide co-protagonista al fianco di Emma Stone – e che gli regalò la seconda candidatura come miglior attore protagonista ai premi Oscar (la prima fu nel 2007 per la sua interpretazione in “Half Nelson”) -, Gosling ha già dimostrato di avere una natura adatta alle commedie.

Le riprese del film su Barbie inizieranno il prossimo anno

I lavori del film inizieranno con l’anno nuovo, una volta che Ryan Gosling terminerà le riprese di “White Noise”.

Ci toccherà, quindi, aspettare il 2023!  Nonostante sia tutto ancora da definire, soprattutto la trama, la curiosità intorno al film è sempre più grande.

La prima idea di un film su Barbie risale al 2014 ed erano state scelte per la parte Amy Schumer e Anne Hathaway, ma alla fine il progetto cinematografico non ha preso vita fino a quando non è giunto tra le mani della regia di Greta Gerwig.

Visti i protagonisti e il cast, potrebbe valerne l’attesa!

 

 

 

Articolo di Federica Maria Russo

«LO YOGA E LA MUSICA PER SUPERARE LA MALATTIA»

La storia di Simona è una storia di dolore e rinascita, in cui molti potranno rispecchiarsi e, magari, trovare conforto e speranza. Una storia dove la malattia quasi non trova spazio, scompare nell’enorme energia di una donna che non ha mai perso il sorriso neppure nei momenti più bui.

Simona è la persona che tutti noi vorremmo essere e che non sempre abbiamo il coraggio di essere: una persona capace di reagire a tutte le avversità e di plasmare il suo futuro, una donna che ha deciso di non rinunciare alla felicità, nonostante tutto.

Per Simona questi non sono stati anni facili, ma è riuscita sempre a superare gli ostacoli, grazie alla sua tenacia, agli affetti e alle sue grandi passioni: lo yoga e la musica.

«La musica mi ha aiutato molto, è stata una grande distrazione per me. Una vera e propria libertà dal dolore», la voce decisa di Simona, “Sissy”, entra nella testa, incidendo parola per parola tutto quello che racconta.

Nel maggio del 2019 Simona cade dal motorino e inizia ad accusare dei dolori al seno. Decide quindi di sottoporsi a una visita medica e a una mammografia. Scopre così di avere un tumore.

L’ultimo controllo, effettuato meno di un anno prima, non aveva creato preoccupazioni: sana come un pesce. La malattia, insidiosa, si era però sviluppata in pochi mesi e stava prendendo il controllo del corpo di Simona.

«Carcinoma in stato avanzato», è stata questa la diagnosi della primaria di radiologia del Cardarelli di Napoli, che subito ha rassicurato la sua paziente: «Verrai operata, farai la terapie e guarirai».

A volte bastano poche parole per cambiare la vita di una persona e quando Simona scopre la sua malattia, dopo un iniziale momento di sbandamento, decide di non abbattersi: si sarebbe rimboccata le maniche, avrebbe lottato.

«Il mio obiettivo era diventato quello di togliere il nemico che mi aveva invaso il corpo», dice Simona con la sua solita, incredibile, calma. Inizia a seguire pedissequamente le istruzioni dei medici: «Non mangiavo carne da vent’anni, ma per poter affrontare la chemioterapia e l’operazione avevo bisogno di essere in forze. La mia voglia di guarire presto, di curarmi, era più forte di tutto; talmente forte che sono riuscita ad arrivare all’operazione in tempi record».

Simona inizia a perdere i capelli, le unghie e le sopracciglia, ma non perde mai il buon umore, la voglia di aiutare gli altri e di amare la vita.

La storia di Simona ci insegna l’importanza della prevenzione, anche quando crediamo di essere sani e immuni da ogni cosa. Simona è una maestra di yoga da più di vent’anni, vegetariana, con uno stile di vita sanissimo; molto attiva nel sociale e nel mondo volontariato. Nonostante tutto, però, la malattia colpisce proprio lei. «Non ho mai pensato di essere stata sfortunata. Dopo aver scoperto la malattia ho pensato solo a reagire e a stare bene», racconta Simona.

«È importante sottoporsi a controlli regolari e avere uno stile di vita corretto. – continua Simona – Molte donne non si curano abbastanza: prese dal lavoro, dalla famiglia e dai mille impegni, finiscono per trascurarsi. La Fondazione Veronesi, di cui faccio parte, si batte da anni per sensibilizzare le persone su questi temi. Dobbiamo insistere e parlarne il più possibile».

Il tumore del seno è oggi la malattia oncologica più diffusa fra le donne e colpisce una donna su otto. Nel 2018 sono stati diagnosticati circa 2,1 milioni di casi di tumore al seno nel mondo, per i tre quarti nei paesi più sviluppati. Il settanta per cento dei casi riguarda donne oltre i 50 anni, perché il rischio di sviluppare un tumore al seno aumenta con l’età, in particolare intorno alla menopausa.

Nonostante l’alta incidenza, il tumore al seno è una malattia che si può, anzi si deve, sconfiggere.

«Durante i cicli di chemio, che durano ore, mi ha aiutato molto la musica. Queen, Depeche Mode, Tina Turner e i Coldplay con “Viva la Vida” mi hanno accompagnata per tutto il mio percorso di cura. Per me ascoltare le mie canzoni preferite in quei momenti diventava una via verso la libertà», spiega Simona.

Grazie alla sua forza di volontà, Simona raggiunge il suo obiettivo e arriva all’operazione. Da Napoli vola a Milano per sottoporsi all’intervento che, grazie a Paolo Veronesi, si dimostra un successo.

Proprio quando sembrava tutto finito, la vita, però, ha presentato un’altra sfida a Simona: «L’operazione è andata bene, ma durante il lockdown ho avuto una parestesia alla mano per una plessopatia post attinica. È un effetto collaterale, in realtà abbastanza raro, della radioterapia. Sto già sperimentando nuove strade per superare i miei limiti».

Il cammino per tornare alla normalità è ancora lungo, ma nelle parole di Simona non c’è rassegnazione o commiserazione per se stessa.

Ha superato tanti ostacoli e ora è pronta ad affrontare questa nuova sfida.

  *Intervista realizzata a marzo 2021

SPEAKER CENZOU: «FELICE DI ESSERE UN’ISPIRAZIONE PER I RAGAZZI»

Speaker Cenzou è una delle voci più note del panorama musicale partenopeo.

Dagli inizi nel quartiere di San Lorenzo passando per il gruppo La Famiglia e la carriera da solista, Vincenzo Artigianonome d’arte di Speaker Cenzou, ha fatto parecchia strada, senza mai smettere di essere fedele alla sua arte e alla sua musica.

Napoli ieri e oggi: il tuo nome è legato da sempre alla scena musicale napoletana, come vivi il cambiamento della città negli ultimi anni?

Credo che ci siano sempre due modi per affrontare un cambiamento: il primo è rifiutarlo, ripudiarlo, perché ovviamente ci proietta fuori dalla nostra “comfort zone”. Molte persone sono spaventate dai cambiamenti, conosco alcuni che sono letteralmente traumatizzati da tutto quello che minaccia lo status quo. Per mia fortuna non sono mai stato questo genere di persona, anzi.

Il secondo modo per fronteggiare un periodo di cambiamento è, semplicemente, “accettarlo” , abbracciarlo quasi; con questo non intendo dire di cambiare ogni secondo e plasmarsi a quello che succede introno, ma mantenere nella propria individualità e nei propri tratti distintivi la possibilità di essere fluidi e di scorrere all’interno dei cambiamenti. In tutti i campi e gli aspetti della vita, a mio personalissimo parere, non vedere e non considerare il cambiamento ci proietta automaticamente fuori dalla realtà presente.

Il rap a Napoli era la musica dei centri sociali, adesso ha un pubblico molto più vasto. Cosa pensi di questa evoluzione?

Dire che il rap sia a Napoli che in Italia fosse la musica dei centri sociali, a mio personalissimo avviso è un “falso storico”; sia a Napoli che nel resto dello Stivale nei primi anni ’80 c’erano i pionieri che studiavano quest’arte e provavano e sperimentavano questa cosa attraverso il linguaggio a prescindere dalle realtà dei posti occupati, in luoghi di aggregazione, pubblica , per strada in posti come il Regio a Torino o il Muretto a Milano.

Più avanti i centri sociali sono stati amplificatori di questa esigenza artistica e hanno dato spazio e contesti di visibilità a tante realtà artistiche; ma questo binomio (rap- centri sociali, ndr) spesso è usato in modo improprio. Partendo da questo punto di vista, si può tracciare una linea differente, che ha portato gli artisti a fare percorsi diversi a seconda delle necessità comunicative o semplicemente per un discorso di interesse e\o guadagno. Quello che posso dirti è che prima di buono c’era una netta divisione fra un circuito musicale che proponeva qualcosa di inedito, di unico; per farla breve, prima per farti notare dovevi distinguerti artisticamente, cercando di fare qualcosa in un modo che fosse solo il tuo, con gli anni, invece, c’è stata una corsa a fare tutti la stessa cosa per essere legittimati dal mainstream. Tutt’oggi, per farti notare musicalmente devi corrispondere a dei canoni musicali, estetici, e comunicativi, che di fatto non permettono di proporre qualcosa che non sia entro certi parametri.

Come fai a spiegare a chi non fa musica le tue “pause artistiche”? 

Per me la cosa è abbastanza semplice: scrivo e pubblico dischi e/o pezzi, o qualsiasi altro contenuto, quando ho vissuto cose che mi hanno ispirato e dato materiale umano ed emotivo da trasformare in arte. Amo prendere il mio tempo, per studiare, per essere ispirato o semplicemente per vivere le storie che poi racconterò nei miei testi. Quanti artisti fanno sempre lo stesso pezzo o lo stesso disco perché magari hanno centrato una formula che ha pagato e la ripropongono all’infinito?

Grazie a Dio, o chi per esso, ho una visione diametralmente opposta: ho la necessità di alzare sempre l’asticella, di sfidare me stesso e far uscire qualcosa che non sia mai e poi mai uguale alla precedente; ho la continua necessità di ispirazioni e senza aver vissuto nulla di nuovo e stimolante mi sentirei a disagio a replicare qualcosa che ho già fatto in passato. Ho rifatto per il ventennale della sua uscita il mio primo album, ma il progetto è stato proprio trattarlo come se fosse un disco nuovo, come se a farlo fosse il Cenzou di questo periodo storico e non quello degli anni ’90, che spesso purtroppo la gente si aspetta, come se fossi ingabbiato nell’ambra , mentre invece sono un’anima in continuo sviluppo e mutamento.

Maurizio de Giovanni, le serie tratte dai romanzi di Elena Ferrante, Jorit, la nuova scena musicale napoletana. Qual è, secondo te, la differenza tra questa fase artistica e le precedenti?

Da qualche anno il “brand Napoli” è diventato, diciamo cosi, alla “moda” e questa cosa da un lato è positiva per il focus nazionale sulla città e su alcuni aspetti dell’arte; di contro, è negativo perché spesso abbassa la qualità dei contenuti e, per quel discorso di omologazione di cui ti parlavo in precedenza, lascia indietro gli artisti che hanno qualcosa di più particolare e unico da offrire.

Sei un rapper “nerd”, amante della saga “Star Wars”. Da dove nasce il tuo amore per i film di Lucas e come ti hanno influenzato?

L’amore per Star Wars me l’ha trasmesso mio padre; quando era ancora in vita mi fece vedere “Star Wars: Una Nuova Speranza” dicendomi: “Questo film parla della vita e dei valori, a prescindere dallo spazio, le spade laser e dalle astronavi. Tu vai oltre e cogline il senso più profondo”.

Non smetterò mai di essergli grato per averlo fatto, l’influenza di Guerre Stellari nella mia vita è costante. È una compagna di viaggio importante che mi ha permesso di sviluppare una sorta di sesto senso sulle cose della vita, proprio come i cavalieri Jedi, e di credere fermamente non solo ad un mondo inclusivo ed egualitario, privo delle imposizioni e delle tirannie dell’“Impero”, ma anche all’esistenza di una sorta di campo magnetico che unisce e lega tutte le cose, proprio come la Forza.

Secondo te le produzioni artistiche provenienti da Napoli riescono a rompere i pregiudizi sulla città oppure li rafforzano?

Dipende dalle produzioni, ovviamente. Ad ogni modo i pregiudizi purtroppo fanno parte di una visione chiusa ed ignorante delle cose. A prescindere da campanilismi di ogni sorta, ci sono molti pregiudizi già a Napoli su Napoli e pure su chi cerca di fare arte in modo non uniforme a quella che è la moda o il trend del momento. Questo a mio personalissimo avviso è un male ben peggiore e quelli più svegli e intelligenti dovrebbero iniziare a fare questo distinguo, avendo il coraggio di spingere e proporre qualcosa di differente piuttosto che i nomi e i brand che sono più in voga per accaparrarsi click.  Le persone, i follower, vanno educati: se tu proponi sempre e solo X le persone che ti seguono automaticamente penseranno che non esiste nient’altro; mentre invece è proprio nell’ignoto che puoi trovare le migliori sorprese.

Sei passato dai concerti nei centri sociali a essere citato nella fiction di Rai 1 “Mina settembre”, che effetto ti fa?

Fa piacere, perché è una sorta di riconoscimento al mio valore culturale come artista napoletano del mio genere, ma In tutta onestà, non è che mi cambia la vita. Mi sento sempre lo stesso ragazzo, oggi uomo, che ha una necessità espressiva, un’urgenza comunicativa, a prescindere dall’esterno o dalla gratificazione. Ancora prima dei centri sociali, ero un ragazzino che faceva sentire il suo rap ai ragazzi più grandi all’angolo di strada, a via Tribunali, come a New York facevano quelli prima di me nel Bronx.

Ho girato il mondo grazie alla musica e ancora oggi continuo a fare tante cose, sempre grazie alla musica. Posso riassumere quello che tu chiami “effetto” con una semplice sensazione di gratitudine a quanti sono riusciti a vedere e apprezzare il mio operato, sebbene io non sia stato quasi mai un artista mainstream. Sono Felice di poter essere un’ispirazione per i ragazzi più giovani che vedono in me una persona che ha combattuto e ancora oggi combatte per realizzare i propri sogni.

È morto Maradona, non si è sciolto il sangue di San Gennaro e il Lungomare è stato devastato dalla mareggiata. Sono il segno di un decadimento o della necessità di una nuova rinascita?

Ho imparato negli anni che ogni momento di crisi e di smarrimento precede una rinascita. Spesso abbiamo bisogno di sbilanciarci e perderci per poi ritrovare un equilibrio.

L’importante , secondo me, è non perdere mai la bussola di chi siamo, di cosa siamo, e pensare più a quello che ci può rendere felici e un po’ meno a quello che le persone si aspettano da noi. È un momento storico che ci ha reso, per forza di cose, un po’ più soli, un po’ più tristi e un po’ più isolati. Proprio per questo (e chi mi conosce già, sa bene cosa intendo) dobbiamo guardarci dentro e trovare la forza e la determinazione per rimetterci in carreggiata con la nostra vita… Fare una piccola rincorsa e darci un nuovo slancio!

 

 

*Intervista realizzata a marzo 2021

Radio Checkpoint: 10k e oltre!

Oggi inauguriamo il sito ufficiale di Radio Checkpoint, la nostra nuova piattaforma per raggiungervi e restare sempre connessi!

Lavoriamo costantemente per rendere la nostra community sempre più solida e numerosa. Dopo tanti mesi di interviste e post sulle nostre pagine social – Instagram e Facebook -, eccoci qui a festeggiare questo primo grande traguardo: 10k followers su Instagram! Questo “traguardo” ci ha dato nuovi stimoli: possiamo fare di più e faremo di più.

Con il sito ci proponiamo di fornire un ulteriore spazio di ascolto e di espressione a tutti gli artisti emergenti.

Radio Checkpoint nasce da un’esigenza precisa: connettere le persone attraverso l’arte e, soprattutto, attraverso la musica.

Cosa aspettarsi dal sito di Radio Checkpoint? Per noi è un’altra “casa”, meno caotica dei social, dove accogliere tutti per parlare degli argomenti che più ci stanno a cuore: musica, attualità, arte, spettacolo, cinema. Lo faremo attraverso articoli, approfondimenti e interviste e cercando di non deludere le vostre aspettative.

Se volete saperne di più, sul nostro sito troverete nella sezione “CHI SIAMO” una descrizione del nostro progetto e della filosofia che muove il nostro gruppo di lavoro, nonché una breve presentazione del nostro staff!

Ad ogni modo, grazie di cuore a tutti i nostri utenti!

Grazie a voi, che ogni giorno ci supportate e ci aiutate a costruire questa bellissima community.

 

Radio Checkpoint è chiunque la segua: tutti gli artisti e tutti gli utenti che credono in questo spazio di espressione”.